logo
» testi
.: varie
visualizzazioni: 3442
 
« torna a: varie
Devozione a Maria

autore: P. Ireneo Hausherr s.j.

Omelia per l’Immacolata Concezione tenuta al nostro Monastero l'8 dicembre 1972 e pubblicata nel n.4 di Monastica 2001.

Credo che non sia questo il tempo giusto per entrare in ricerche sottili sul peccato originale e sul senso della festa dell’Immacolata. La Vergine Maria è stata quello che è stata fin dall’inizio e ci sono voluti diciotto secoli perché questa verità fosse proclamata come dogma. Il popolo fedele ci credeva? Certamente, ma ci credeva liberamente. E così molte altre cose...
Si sono fatte delle Litanie della Madonna: ce ne sono di titoli! e si sarebbero potuti ancora moltiplicare. Quando si ama, si cerca di nominare cose e persone con nomi sempre nuovi, perché sono sempre nuove.
È stata messa in questione la devozione alla santissima Vergine Maria. Vediamo in poche parole se bisogna abbandonarla, oppure se bisogna continuarla, o, forse, se bisogna continuarla un po’ diversamente.

La santissima Vergine Maria è santa di una santità particolare?
È santa come tutti noi. C’è una sola santità, quella di Dio, “Tu solus sanctus”, Tu solo sei santo. E noi siamo santi per “partecipazione”, per la partecipazione alla santità di Dio. L’importante non è di fare dotte dissertazioni su questa idea, ma di vivere secondo questa realtà.

Come è vissuta la santa Vergine Maria? Ecco ciò che ci interessa.
Non ne sappiamo un granché... Non ha una biografia di tre volumi, in quarto o in-folio, non ha neppure una qualche biografia; ha solo alcune notizie che potrebbero entrare in due pagine. Ma lì c’è tutto, c’è l’essenziale, c’è di che animare la nostra vita tutta intera senza perderci in sottigliezze che ci ingombrerebbero più che animarci.
C’è all’inizio la grazia di Dio. All’inizio della nostra vita c’è la grazia di Dio. Non è dipeso da noi, non è dipeso da Lei. E come pensa Lei a questo? Lo sappiamo benissimo: ciò che Dio fa è incomparabilmente più importante di ciò che poi noi faremo, in virtù di ciò che abbiamo ricevuto da Dio.

Come lo sappiamo?
Lei lo ha detto in lungo e in largo, lo ha cantato: no, non lo ha cantato, san Luca dice: “disse”. Che cosa? Il Magnificat.
Il Magnificat,questa paginetta ispirata certamente (gli esegeti hanno cura di farlo notare) dall’Antico Testamento, dal cantico di Anna e da molte altre cose; ma quel che importa è l’autenticità di questo canto: è uscito dal suo cuore e dalle sua anima.
“La mia anima”, cioè quel che c’è di più profondo in me.
Che cosa fa “la mia anima” anzitutto,che cosa fa soprattutto, che cosa fa sempre? “magnifica il Signore...
Questo canto che è risuonato laggiù, da qualche parte della Giudea, da allora è diventato il più bel canto di glorificazione di Dio, di riconoscenza dell’uomo verso Dio.
Allora è bello pensare a Lei, è bello ripensare il suo Magnificat, e ripeterlo e ricantarlo e riviverlo...”semper et ubique”: lo diciamo ogni giorno da parte della santa Chiesa che l’ha capito. Ecco il mio primo punto e il più importante.

E poi essa ha vissuto... come?
Lo sappiamo abbastanza.

Dove?
Sappiamo anche questo: a Nazareth. Un povero paesetto! “Di là può venire qualche cosa di buono?” Ella ha accettato. Ha accettato senza sacrificio, senza diventare vittima di non so quale complesso di frustrazione perché doveva vivere a Nazareth; vi ha vissuto tranquillamente, anzi magnificamente! ripetendo il suo Magnificat.

E che cosa vi ha fatto?
Ha cucinato, ha scopato, ha macinato la farina, l’ha impastata, ha fatto il pane. Ha fatto tutto quello che noi chiamiamo “lavori umili”; oh! che abominio è questo di distinguere lavori umili e lavori nobili! Lei non è caduta in una tale stupidità!

E che cosa ha fatto ancora?
Ha accettato la volontà di Dio quando l’ha conosciuta: “Ecco la serva del Signore”. Lo dico io sempre? C’è di che meditare, di che interrogarmi. Sopprimiamo pure gli esami di coscienza, ma questo no, perché di questo io vivo. Non viviamo soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca di Dio, cioè di tutta la volontà, di tutte le volontà di Dio. Essa ha vissuto così e ha vissuto grandiosamente proprio per questo.

Non vi sono alcuni avvenimenti speciali?
C’è quello che ci racconta il Vangelo dell’Annunciazione, e ve ne sono altri ancora. Quando veniva a sapere che qualcuno poteva aver bisogno di lei... vi è accorsa subito. Quante persone, e quanti esegeti e mistici - sedicenti mistici - hanno detto: “ma insomma, quel giorno, proprio quel giorno in cui aveva in sé il Verbo di Dio, è andata a correre per le montagne!”. Sì, proprio quei giorni. Perché che cosa è Dio? È la carità, cioè la benevolenza e la beneficenza, e chi ha Dio in sé non è che benevolenza e beneficenza. Ecco quello che ha fatto. Ah! c’è di che coltivare la nostra devozione a quella Vergine, a quella Maria.
E poi non soltanto quando veniva a sapere da un messaggero, ma quando vedeva con i suoi occhi, era molto attenta. A che cosa? Alle mancanze degli altri verso di lei? No, a ciò che mancava agli altri. E quando poteva rimediare, faceva ciò che le era possibile, E anche quando queste cose non erano necessarie: “non hanno più vino” perché hanno bevuto troppo... ebbene essa interviene, ottiene loro il vino che mancava e così risparmia loro una umiliazione. È così che faccio io? Quanto sarei felice se come la Vergine Maria sapessi occuparmi così di glorificare Dio e di venire incontro ai bisogni dei fratelli.

Che cosa ha fatto ancora?
Ha fatto ancora una cosa: non soltanto si è interessata alle persone di sua conoscenza, ma si anche interessata, forse senza neppure troppo saperlo (perché era la volontà di Dio) all’intera umanità: stava ai piedi della Croce. Non ha detto nulla. Era là.

Vale la pena di avere la devozione alla beata Vergine Maria?

amministratore (2011-08-08), ultima modifica: 2015-11-24 (amministratore)
© Copyright by Monastero S. Scolastica 2007-2024