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UN NUOVO ANNO LITURGICO

autore: monastero

Mentre comincia il nuovo anno liturgico, offriamo ai nostri amici una riflessione provocata dalla lettura di un piccolo sermone di san Bernardo.

Lo spunto è partito da un articolo di Collectanea cisterciensia, T. 73 – 2011 - 3


SAN BERNARDO

Sermone 4 sulla Risurrezione

«Tutto ciò che leggiamo sul nostro Salvatore è medicina per le nostre anime. Facciamo dunque in modo che non si possa dire di noi: «Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita». Ognuno consideri quanto in lui opera tale salutare medicina.
«Infatti vi sono alcuni per i quali Cristo non è ancora nato, alcuni per i quali non ha ancora sofferto, alcuni per i quali fin ora non è risorto. Per altri non è ancora asceso, per altri non ha ancora inviato il suo Spirito.
«Come opera l’umiltà di Colui che pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo (Fl 2,6-7)? Come, voglio dire, opera l’umiltà di Dio nell’uomo superbo? Quali sono i segni della sua umiltà in coloro che ancora, con tutto il loro desiderio, aspirano alle ricchezze e agli onori terreni? Ma non si rallegra la vostra coscienza, fratelli miei, poiché potete dire: un bambino è nato per noi (Is 9,5)?
«Vi sono alcuni per i quali Cristo non ha ancora sofferto: essi evitano le fatiche, hanno paura ancora della morte, quasi che Egli sostenendo e morendo non avesse vinto la morte.
«Ve ne sono alcuni per i quali Cristo non è ancora risuscitato: essi nell’angoscia delle sofferenze e nella fatica della penitenza stanno tutto il giorno sotto il potere della morte e non hanno ancora ricevuto la consolazione dello Spirito, ma se quei giorni non fossero abbreviati (Mt 24.22) chi potrebbe resistere?
«Per altri Cristo è risorto, sì, ma non è ancora salito al cielo; anzi abita ancora con loro sulla terra con amore e dolcezza: essi passano tutto il giorno nel fervore, versano lacrime nella preghiera, sospirano nelle meditazioni, sono sempre in festa gioiosa e cantano tutti i giorni un continuo alleluia. Ma deve essere loro tolto il latte perché imparino a cibarsi di cibo solido. Va bene per loro che Cristo se ne vada e che sia tolta loro questa devozione che è troppo terrena.
«Ma quando potranno capire questo? Si lamentano di essere abbandonati da Dio e privati della grazia. Ma aspettino un poco, restino in città, finché non siano rivestiti di potenza dall’alto (cf. Lc 24,49) e ricevano i più grandi doni dallo Spirito santo. Così gli Apostoli sono stati elevati a un grado più alto e sono entrati nella via sublime dell’amore e non si preoccupano più di un piccolo pianto, ma di come trionfare con grande vittoria sul comune avversario e schiacciare Satana sotto i loro piedi.»

* * *

Questo brevissimo sermone di san Bernardo, il più breve dei suoi discorsi, ci mostra la virtù terapeutica dell’anno liturgico. Lungo tutto l’anno la Chiesa ci fa contemplare lo svolgersi dei misteri di Cristo e ci offre in tal modo una medicina per le nostre malattie spirituali. Gesù si è definito “medico” (Lc 5,31:« Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati») e tutta la sua vita è per noi modello e insieme grazia di guarigione.
Bernardo enumera cinque misteri della vita di Cristo: nascita, morte, risurrezione, ascensione, dono dello Spirito, e ognuno di questi misteri che celebriamo lungo l’anno liturgico è da lui descritto in base al potere terapeutico che gli è proprio.
La Natività è descritta come un gesto di umiltà del Signore che si “svuota” della sua maestà divina per farsi debole bambino: se celebriamo nella verità questa festa, come potremo non incamminarci nella via della piccolezza e dell’umiltà? A che serve che Gesù sia nato a Betlemme se non nasce oggi nel nostro cuore, se non trasforma oggi la nostra vita?
La passione e la morte del Signore, da Lui accettate nella libertà e nell’obbedienza al Padre, ci invitano a non sfuggire le difficoltà e le fatiche, a non temere la nostra situazione di mortali, ma a trasformare la sofferenza in un mezzo di comunione e di incontro con Gesù.
Celebrando la risurrezione sappiamo che c’è un termine per l’affanno e la tristezza e che è possibile una vita di intimità con Cristo, nella dolcezza e nella consolazione.
Ma, con l’Ascensione, dobbiamo anche accettare che Cristo se ne parta, che ci divezzi dal latte della consolazione, che ci inviti a una certa solitudine del deserto: invito a crescere e a pazientare nel silenzio e in una qualche aridità, finché venga lo Spirito.
Il dono dello Spirito ci mette nella Verità tutta intera e ci conferma nell’amore, che è la sola via autentica di fedeltà e di vittoria.

Ogni celebrazione dell’anno liturgico dovrebbe esortarci a metterci in sintonia con il cammino di Gesù e a scoprire quanto aiuto esso ci offre per la nostra vita e per il nostro progresso.
L’anno liturgico, quale la Chiesa ce lo presenta, è un sacramento efficace per la nostra crescita e un rimedio salutare per le nostre infermità. La liturgia opera in noi progressivamente e trasforma la nostra mente e il nostro cuore fino a raggiungere – come dice san Paolo - la misura della pienezza di Cristo (Ef 4, 13).
Di anno in anno, di celebrazione in celebrazione, qualche cosa cambia in noi, per una grazia segreta del mistero celebrato, contemplato e amato. Perché la liturgia non ci dà soltanto la commemorazione di un evento della vita di Cristo, ma opera in noi quello che ci dice e che la Chiesa ci fa solennizzare. Quante volte ripetiamo HODIE, “oggi” ; sì, oggi si compie di nuovo in noi quel mistero e Cristo di nuovo entra in noi con la sua grazia di salvezza, per guarire, per incoraggiare, per colmare. E sempre ricomincia, con pazienza, con costanza, con amore, per donarci la sua vita in abbondanza, perché la nostra gioia sia piena.



amministratore (2011-11-23), ultima modifica: 2015-11-24 (amministratore)
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