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"Animati dal desiderio di piacere a Dio solo"

autore: Monastero Santa Scolastica

Nel mese di ottobre del 2011 è partito per la casa del Padre il monaco Adalberto de Vogüé, dell’Abbazia benedettina de La Pierre-qui-vire.

Era nato a Parigi il 4 dicembre del 1924. Dopo gli studi di lettere era entrato in monastero nel 1944. Nel 1948 aveva fatto la sua professione solenne e nel 1950 era stato ordinato sacerdote.
Dal 1974, ha vissuto in un eremo vicino al monastero e ha dedicato la sua vita allo studio del monachesimo in tutte le sue espressioni.
Autore di una produzione scientifica immensa, dom Adalbert de Vogüé ha lasciato nei dodici volumi della Histoire littéraire du mouvement monastique dans l'antiquité ( Paris, Les Éditions du Cerf, 1991-2008) un autentico opus magnum. In precedenza aveva dato edizioni critiche fondamentali delle più antiche regole monastiche occidentali, pubblicate in gran parte nella collezione delle «Sources Chrétiennes»: in particolare, della Regula magistri e di quella di san Benedetto. Accanto a queste edizioni, per la stessa collana delle Éditions du Cerf aveva edito i Dialogi di Gregorio Magno e le opere monastiche di Cesario di Arles. Negli ultimi tempi stava lavorando a testi del monachesimo greco.

Per il nostro monastero è stato amico fedele e maestro esemplare. Varie volte ci aveva visitato, durate la sua permanenza a Roma- quando insegnava a Sant’Anselmo e predicò gli esercizi alla Comunità nel novembre 1995. Accompagnò con simpatia e competenza la nostra sr Marcellina Bozzi nel suo lavoro sulla regola del Maestro e partecipò all’Atto accademico di presentazione dei suoi due volumi a Sant’Anselmo.
Ci piace offrire ai nostri amici un capitolo di un suo libro da noi pubblicato, “Desiderio desideravi”, che bene esprime la storia della sua vocazione.

Sogno di un giorno d'estate

La vita eterna. Ricordo il luogo e il momento in cui questo pensiero si è impadronito per sempre del mio spirito. Era l'inizio delle vacanze del 1935. Avevo dieci anni. In una cameretta di albergo nei pressi del Monte Bianco, nel primo pomeriggio stavo leggendo un libro edito nel secolo precedente: "1 ricordi della mia giovinezza" di Alfonso Gratry.
Come lo faccio io ora, quel vecchio Oratoriano alla fine della vita ripensava alla sua infanzia. Da suo padre, un borghese volteriano, aveva ereditato l'incredulità. Alla fede sarebbe poi arrivato con una evoluzione che durò parecchi anni. Quel giorno appunto leggevo il passo dei “Ricordi" in cui raccontava gli inizi di quella conversione.

A sedici o dlciassette anni Gratry si trovava al suo ultimo anno di liceo che si annunciava molto brillante. Giunto in dormitorio si stendeva sul letto e si lasciava andare per breve tempo a un sogno a occhi aperti sul futuro. Si vedeva superare trionfalmente tutti gli esami e poi, laureato, tutti i concorsi e passare di successo in successo in tribunale e nella politica, con tutti gli onori. Pur senza essere privo di interessi, il suo sogno era morale e idealista. Sognava di difendere soltanto cause giuste, di lavorare per il bene degli altri, di avere moglie e figli teneramente amati.

Ma nello svolgersi il sogno era scandito da un ritornello: "E dopo?" Veniva il momento in cui le immagini si oscuravano. "E dopo", ci sarebbe stata un giorno la pensione, la terza età, il declino, la scomparsa delle persone care. "E dopo", infine, la morte. A quel punta egli percepiva, sconvolto, la nullità di ogni suo sogno. Infatti non aveva speranza alcuna nell' aldilà. Tutta la sua felicità andava senza rimedio in frantumi con la fine della vita. Questa scoperta lo poneva sull' orlo della disperazione. In quel momento sorgeva dal fondo del suo essere un grido desolato, un vago appello a quel Dio in cui non credeva. Se quel Dio fosse esistito, se vi fosse qual che altra cosa oltre la vita presente...

Così finiva il sogno di Alfonso Gratry. Nel momento in cui io ne terminavo la lettura, avvenne dentro di me un fatto semplice e insieme straordinario, che avrebbe cambiato tutta la mia vita. Vidi in un attimo che mi sarei messo al servizio di Dio. La dimostrazione della vanità dell' esistenza che riduceva alla disperazione il giovane Gratry provocò in me una conclusione differente. Non fu un grido al Dio ignoto, fu una decisione istantanea o meglio una certezza e un assenso.
Fra il tempo e l' eternità nessuna misura comune. Quel che finiva doveva essere sacrificato o subordinato a quel che doveva durare sempre. Occorreva fare della propria vita una preparazione, puntare tutto sul definitivo e l'assoluto. L'invito di Cristo a lasciare tutto per seguirlo era l' espressione stessa di questa esigenza e di questa verità. Nient'altro da fare v’era quaggiù. E l'avrei fatto.

ADALBERTO DE VOGÜÉ,
monaco della Pierre-qui-Vire

Tratto dal libro “Desiderio desideravi”, edito dal Monastero Santa Scolastica, Civitella San Paolo

Titolo originale: Désirer la vie éternelle, l'espérance hier et aujourd'hui, Abbaye de Bellefontaine

amministratore (2012-01-26), ultima modifica: 2015-11-17 (amministratore)
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